«Sono stata costretta a fare un test di gravidanza sul posto di lavoro. E un mese dopo mi hanno licenziato perché incinta». Stefania (il nome di fantasia è quello che darebbe alla sua bambina, se fosse femmina) ha vent’anni, vive in provincia di Nuoro e dopo aver denunciato il caso alla Cgil racconta ora la sua storia, di lavoro perso e di diritti violati.
Riavvolgiamo il filo, Stefania quando è stata assunta?
«Il 15 novembre scorso, da una piccola ditta che ha in appalto i servizi di pulizia in un’azienda nell’area industriale del nuorese. Avevo un contratto Multiservizi a tempo indeterminato dopo aver superato il periodo di prova di un mese. Ed è allora che sono cominciati i guai».
Cosa è successo?
«A metà dicembre non sono stata tanto bene per qualche giorno, la datrice di lavoro mi ha portato un test di gravidanza e davanti a due colleghi maschi che conoscevo a malapena mi ha chiesto di farlo subito, lì nel bagno dell’ufficio».
Non le è sembrato un comportamento illegittimo?
«Certo, le ho detto che non mi sembrava normale quella richiesta, anche se non avevo nulla da nascondere».
La datrice di lavoro come ha reagito?
«Mi ha detto: “Se non lo fai ti licenzio”».E lei è stata costretta ad accettare. «Sì, non volevo perdere il lavoro, ne ho bisogno, e non conoscevo nemmeno i miei diritti, non sapevo che potevo rifiutare senza conseguenze. Sono entrata in bagno e sono uscita con il risultato negativo del test».
Quando ha scoperto poi di essere incinta?
«A metà gennaio. Avevo nausee continue, sono andata dalla ginecologa della Asl, mi ha fatto ripetere il test e l’ecografia e ho scoperto di aspettare un bambino. Alla dottoressa ho spiegato la mia situazione lavorativa e mi ha fatto un certificato per l’astensione anticipata dal lavoro per gravidanza a rischio dal 18 gennaio al 25 febbraio». Ed è a quel punto che si è rivolta al sindacato. «Avevo paura di perdere il lavoro, sono andata al patronato Inca Cgil, mi hanno spiegato che avevo diritto a una tutela rispetto alla mia gravidanza e hanno inviato la comunicazione telematica dello stato di gravidanza all’Inps e alla mia datrice di lavoro».
La ditta l’ha chiamata?
«Sono passati i giorni, dal lavoro non mi richiamavano e lo stipendio non arrivava. Così il 16 febbraio mi sono rivolta di nuovo al sindacato per spiegare che non avevo ricevuto la mensilità di gennaio».
È così che ha scoperto di essere stata licenziata?
«Sì, anche se non ho ricevuto una lettera di licenziamento. La ditta ha inviato via WhatsApp la comunicazione Unilav sull’interruzione del rapporto di lavoro “per giusta causa”. Così c’è scritto».
E quale sarebbe la “giusta causa”?
«Secondo loro avrei nascosto la gravidanza e incinta non avrei potuto svolgere la mansione per la quale mi hanno assunto».
Cos’ha provato davanti al suo licenziamento?
«Ci sono rimasta malissimo perché non navighiamo nell’oro. La Filcams Cgil ha denunciato il mio caso all’Ispettorato del lavoro di Nuoro, alla Asl locale e all’Inps. Spero che la situazione si risolva, perché non è giusto. Ora intanto la cosa più importante è che il bambino stia bene».
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-02-23 09:27:06 ,www.repubblica.it